Poesia

CHI HA NOTIZIE DEL MIO VERO PRESENTE

Marco Del Bucchia Editore

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Cosí è la poesia di Liliana Fantini: capace di raccontare la sofferenza e la gioia, la stanchezza e la spinta propulsiva alla vita, l’illuminazione e l’oscurità, il dramma e la leggerezza sfiorando i tasti bianchi e i tasti neri del pianoforte. Le tematiche trattate suggeriscono una ricerca incessante di significato a questo stare, di giustificazione agli eventi e alle conseguenze che riverberano nel cuore – scavo sincero di un’anima senza filtri, palpitante – fino al compimento preciso di senso, sino al combaciare delle schegge in cui siamo tutti frazionati. Noi specchi infranti (come nella poesia di John Donne), noi – per dirla come Emily Dickinson – piccoli pellegrini che cercano “il luogo chiamato mattino”. Sino a diventare ciò per cui siamo venuti alla vita.

Essere sé
per il giorno intero,

la lancetta complice
a giro
senza affanno ()

(dalla prefazione di Silvia Longo)

RASSEGNA STAMPA WEB

“Chi ha notizie del mio vero presente. Liliana Fantini – MARGUTTE – Non-rivista di letteratura online e altro
La poesia e lo spirito – RECENSIONI POETICHE – di Max Ponte

 

Premio internazionale di poesia Don Luigi Di Liegro 2016
Scheda di valutazione

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La poesia bussa alla porta di Liliana Fantini. Le arrivano scrosci di consonanti e vocali e lei li raccoglie, con le mani bianche spalancate al cielo, perché, dice, è così che fanno i poeti. Attendono, e poi compongono parole in perfetta alchimia.
Prendo le mosse da questa bella immagine di Liliana Fantini perché penso che in essa sia racchiuso il senso della sua ispirazione: la poesia che entra nella vita, la destabilizza e crea nuove sensibilità, nuovi equilibri.
“Chi ha notizie del mio vero presente” è infatti un poema sulla magia della parola. I versi del poema sono belli e melodiosi, potenti e delicati, profondi eppure semplici e leggeri.
L’ispirazione arriva sull’onda delle piccole cose, facendosi largo tra gli interstizi del quotidiano. Tuttavia essa, col procedere della lettura, assume vigore e prende forma e consistenza, sicché presto ci si accorge, come dice nella prefazione Silvia Longo, che “qualcosa di maestoso vibra tra verso e verso”.
Dunque, un libro che mi ha sorpreso e che dà la misura dell’alta qualità dei partecipanti al premio e di come sia stato difficile per la giuria fare le sue scelte.
In genere esprimo qualche riserva riguardo alle poesie che hanno per tema la poesia, disinteressandosi del mondo reale, ma qui non è cosi perché le parole disegnano una perfetta simmetria tra le cose, i colori, gli odori della vita quotidiana e i moti del cuore. Le parole diventano così parte dello spirito, rughe del corpo, espressione e voce del male di vivere. Esse fanno da colonna sonora all’andare inespresso del tempo, eco struggente del nostro passare, guadagnandosi un loro lucente spazio, un autonomo destino, ““Le parole davanti al mare / un grumo d’alghe asciutte sulla rena…”
Anche da un punto di vista strutturale il poema ha inconfutabili meriti, sia per la ricerca di un ritmo trascinante, che per la ricchezza delle metafore e l’accuratezza della ricerca lessicale. Brava Liliana. (Renato Fiorito)

 

Lettera a Liliana Fantini sulle sue liriche

Carissima Liliana,

la tua creatività non finisce mai di stupirmi. Dopo avermi mostrato le tue fotografie paesaggistiche, molto belle, dopo avermi fatto ascoltare splendidi brani musicali dei quali testi, musica ed esecuzione sono tuoi, ora mi fai conoscere le tue poesie, validissime e originali anche nel titolo: “Chi ha notizie del mio vero presente”-  

Leggere i tuoi versi significa provare varie emozioni, perché essi toccano tante corde del cuore con i sentimenti che li ispirano.  C’è l’amore per il partner seguito, poi, dal rimpianto per il rapporto interrotto ( “Tu eri il sonno / sul mio guanciale caldo, / il remo sullo scalmo a navigare, / la pioggia  attesa / sotto la calura… “).  C’è l’affetto per i familiari, quelli che oggi ti danno la gioia di vivere: tua figlia Sara, le cui “perle in fila “ sono  “allineate in raffiche di risa”; tuo fratello Silvano, al quale è legato un ricordo che prevale sugli altri: “Lambisce un greto bianco il fiume lieto /cantando placido il passaggio di ragazzi… Sorridono la bimba e il fratello. / Nell’impeto dell’acqua ancora quel sorriso non si è perso.” C’ è, poi, l’amore per le persone care oggi assenti fisicamente, ma vive sempre nel tuo cuore : tua madre (“Sfiorito tra sbarre di pianto / il sorriso, / eterna acrobata sul tuo precipizio); tuo padre (“E lo sento / certa del suo amore… Mi basta stargli accanto e non parlare” e poi: “E ti rivedo nel letto d’ospedale / ove sospendo il fiato a non turbare / e lo livello al tuo, appeso a un miracolo”).  Altra persona cara è il fratello Bruno, recentemente scomparso (“Sulle tue spalle scarne / siedono gli avi in fila  / Forza rabbia / e cuore di giganti.)


Fortissimo è il tuo amore per la Natura, che ti si presenta piena di fascino in tutte le stagioni. I versi che hai scritto per essa sono numerosi; valgano per tutti i seguenti:  “Nei campi di grano tagliato / dimora una quiete distante / di terra che ha dato./ Riposa . /  Ed io a concedermi il sole. / Nient’altro che stare.” E anche questi versi: “Languore d’autunno /mi scava ferite lontane. / Né valgono a cura / i pampini rossamaranto / né il cielo /che allaga d’azzurro.”

Nei tuoi versi diventa poesia anche l’amore sensuale, che appartiene agli uomini come a tutti gli altri esseri viventi, quindi  sarebbe ipocrisia negarlo o nasconderlo.

Sono poesie, le tue, che vanno lette e rilette più volte con attenzione perché non sfugga nessuno dei loro tesori. Esse sono tutte belle e significative, ma alcune addirittura si possono considerare piccoli capolavori.  Ricchezza di sentimenti e originalità nel modo di presentarli sono  note distintive di questo libro, che io vedo come un diario in versi, perché momento dopo momento, parola dopo parola, ti mostra dapprima impegnata in una crisi esistenziale ( “Mi sfibrano incessanti litanie / … L’angoscia è grumo solido / sul cuore.”); poi ansiosa di trovare un’ evasione, presa dal bisogno insopprimibile di cambiamento: “Se sapessi salire / scale di esultanza / e lì guadagnare una tregua.” E ancora: “Salire sul treno / mutare orizzonte. / Partire per cieli diversi / e visi e canti di strada…” Ed ecco il capolavoro su questo tema :

“ Come l’acqua, fra affastellati tronchi,

oltre dossi di sassi smerigliati. 

Come un torrente che libera le briglie

e gorgoglia di risa a mezza gola. 

Come un liquido che urla di piacere

lasciandosi alle spalle strozzature. 

Così la vita dilaghi verso il mare:

un dio per ogni cellula,

in gola lo stornello dell’allodola.”


Tu, Liliana, vedi, talvolta barlumi che possono guidarti verso l’uscita del “ tunnel” e tendi a superare quella condizione d’inquietudine attraverso i forti sentimenti dei quali prima ho parlato.

Degna di nota è in te la capacità di piegare la lingua secondo le tue esigenze espressive e di creare, quando occorre, un nuovo linguaggio. Porto alcuni esempi: “Luglio incandescente liquefà i pensieri, /  li rende molli e fragili…”  oppure  “Straniera  / indosso questa terra.”, e ancora: “Oltre i filari/ l’occhio ilare e saggio / ospita l’orizzonte / rosso alla sera.”

Vedo pure, nelle liriche EsodoStrage,Auschwitz, che la tua ricca umanità t’induce alla solidarietà, ad aprirti agli altri, a quelli che soffrono o hanno sofferto .  Un forte invito alla solidarietà si coglie nella poesia Diamoci voce:   “Diamoci voce / in questo tempo incerto, / il tempo dell’ignavia e della resa. / Serpeggia la paura…/  Di tenerezza un filo / oltre le case / possa le anime / amabile allacciare…”-

Con il ventaglio dei tuoi sentimenti, con gli alti e i bassi del tuo spirito inquieto ti fai interprete di una condizione umana che è di tutti, quindi assume il carattere dell’universalità, ma da te è presentata con voce originalissima e con immagini efficaci.
Nonostante tutto, sei forte, Liliana, hai buona fibra.  A dispetto  della tua inquietudine esistenziale e del tuo bisogno di evasione riesci a dire in una tua poesia: “Miro dentro  di me / il me / che non si arrende.” Questo perché ”basta un sole d’aprile / a rinsaldare  suture fragili, / argini in smottamento”.  Queste parole sono tutto un programma e sono anche un buon auspicio. Complimenti! Ad maiora semper! 

Prof. Simone Bonanno, curatore del blog Albatros

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Smurare questo chiodo
confitto dentro al petto
che sanguina lacrime
di sconosciuta origine.
Estrarla, come specchio,
la lama che sfiorata
ravviva un grido terreo,
eco di un’altra vita.
E l’ombra semisolida
che grava come un masso
come cipria
sfaldarla,
niente più che poltiglia.

Essere sé
per il giorno intero,
la lancetta complice
a giro
senza affanno.
Giungere a sera
con l’energia di un bimbo
e sul piatto
crollare come un sasso
per destarsi più giovani
di ieri.
Se stessi,
con labbra inclini
a declinare il riso.

L’odore dell’acqua confonde
da tremula sponda.
Non distinguo il mare, il rivo
e il fiume di casa.
Gabbiano in penombra.
S’acqueta nell’ansa del cuore
il tremore d’ansia
che prima smarriva.
Un attimo ancora
ché possa riempire
il mio vaso di linfa,
tornare piú salda alla stanza.
Ancora
decide la vita.
I panni distesi nell’acqua.

Il mare verde delle mie ossa
se ne infischia
degli anni in scorrimento.
Basta un sole d’aprile
a rinsaldare suture fragili,
argini in smottamento.
Oltre ogni dubbio
morirò in inverno
con scheletro e pensieri di poltiglia
e pur – finché
mi meraviglia un’alba,
un frullo d’ala,
un nontiscordardimé –
fragranti lievitano le membra,
il cuore dolce,
la scorza forte e ambrata
di chi traversa il giorno
e fa preghiera.

Dalla galassia
la suggestione è un’altra.
Una briciola parrebbe esagerata.
Alfine siamo meno di un granello.
Ho inviato lí – nel firmamento –
un frammento di cervello
a esplorare,
a sviscerare la genesi del male,
sentire l’abbandono della madre
nel mare planetario di abbandoni.
La visuale incommensurabile
riduce il tutto infinitesimale
e il viaggio di ritorno è piú felice.
Se solo ricordassimo
che siamo un puntolino nello spazio.

Umanità perduta
su guglia di montagna,
colata fino al profondo
del mare.
Creature in pancia
o in plancia arrotolate,
arrotate in gorghi
d’utopia.
C’è chi respira l’acqua,
salvezza aggrappata
ad un legno infame,
chi spira nello strazio della luce.
Uomini saggi e dei
volgano il viso.
Chi ha deciso
chi trema e chi conduce.